Situazione sociale

Almeno sette milioni di bambini e adolescenti vivono abbandonati per le strade delle principali città brasiliane, e in media quattro di essi sono assassinati ogni giorno da gruppi di sterminio o dalla polizia. Lo ha detto Mario Volpi, presidente del Movimento brasiliano dei "meninos de rua". Fino a pochi anni fa gli abitanti delle metropoli erano il 30% della popolazione totale del Brasile, oggi raddoppiate. La situazione sociale e politica del Paese e l'esistenza di una riforma agraria varata ma mai decollata spiegano l'inurbamento che, in pochi anni, ha creato nelle grandi città quartieri ghetto dove si vive appena al di sopra del limite di sopravvivenza, dove il crimine dilaga tra l'indifferenza generale. Tantissimi sono gli adolescenti che devono sopravvivere, circa sette milioni, di cui almeno due si prostituiscono. Gli altri si arrangiano con ogni tipo di lavoro, con furti e droga.
Il loro comportamento è gravemente antisociale, risentito, diffidente e la società si difende spesso uccidendolo: il piccolo delinquente di oggi sarà il grande delinquente di domani. I "bambini della strada" diventano così un problema che va risolto. Solo negli ultimi 5 anni, secondo i dati della Commissione parlamentare di indagine sulla violenza contro i minori, sono stati 16.414 i "bambini di strada" assassinati dagli squadroni della morte. In questa realtà la famiglia non ce la fa é distrutta dalla vita. Infatti, dietro un bambino abbandonato c'è una famiglia abbandonata e una società che l'abbandona.

Una ragazzina di 15 anni violentata da un poliziotto nella navata laterale della cattedrale di San Paolo, cani lupo della polizia militare lanciati verso l'altare dietro ad una bambina di strada che ha rubato un orologio, una ragazza sugli scalini del duomo che grida di dolore mostrando i seni scarnificati dall'Aids. Queste alcune immagini dell'inferno che le "meninas" della Praca da Se' di San Paolo vivono ogni giorno e ogni notte nel crescente terrore di essere ammazzate tutte insieme in un massacro peggiore di quello di Rio de Janeiro.
"Dopo ogni strage di bambini nella piazza della Candelaria di Rio tutta la piazza della cattedrale vive nella paura", dice Cecilia Garcez Leme, 30 anni, angelo custode dei 300 sciuscià fra gli 8 e i 16 anni che vivono tra le aiuole di una delle più sciagurate piazze del mondo. E cita una telefonata anonima secondo la quale la ROTA, temutissima squadra speciale della polizia di San Paolo, autrice un anno fa della strage di 111 detenuti nel carcere del Carandirù, sarebbe decisa ad eliminare i piccoli abitanti della piazza. "Abbiamo trovato un rifugio - continua Cecilia - dove ogni notte un centinaio di meninos mangiano qualcosa e dormono più tranquilli, con me e altri educatori volontari che facciamo loro da scudo nel caso di un blitz della polizia".
Le finestre al sesto piano dell'ufficio che ospita la Pastoral do Menor, l'organizzazione ecumenica che si occupa dei bambini di strada brasiliani, equivalgono ad una torre di controllo che spazia su tutta la piazza. Sui gradini della cattedrale una bambina sui dieci anni, in preda all'euforia dopo aver sniffato colla o smalto, si rotola fra la gente. Tra le palme si scorge al centro la "cabina" della polizia militare: "Là dentro molte bambine sono state violentate e continuano ad esserlo. Una ragazzina che ora ha 16 anni ha avuto un bambino da un poliziotto: non si è neppure accorta di essere stata violentata perché il poliziotto prima l'ha addormentata col gas".
Nella "casa nova", come i meninos chiamano il loro rifugio aperto a fine luglio vi sono almeno sei quindicenni incinte. "Nessuna di loro vuole abortire - spiega Cecilia - nessuna ragazzina della Praca da Sé ha mai abortito. E' escluso dal rigido codice di comportamento che regola la vita dei meninos. E poi un figlio è una maniera per rompere con la cronica solitudine e la carenza di affetto. Nonostante tutto - conclude Cecilia - le bambine della Praca da Sé sono sempre bambine. Dovreste vedere i loro occhi quando ascoltano per l'ennesima volta la loro fiaba preferita: il brutto anatroccolo. In fondo è così che si sentono: ma sperano ancora di poter diventare uno splendido cigno".
Poco discosto dalla cattedrale è il ventinho, il venticello. I bambini chiamano così una bocca di scarico della metropolitana dalla quale esce sempre aria calda. Lì dormono di preferenza le bambine ed è lì che i volontari della Pastoral parlano alla notte con loro chiedendo come stanno e raccogliendone allucinanti confidenze. Dai discorsi sottovoce al tepore del ventinho di San Paolo sono scaturite le più terribili storie di stupri, abusi sessuali e atti di libidine, denuncie poi arrivate sul tavolo della commissione parlamentare che a Brasilia si occupa della violenza contro i minorenni, piaga numero uno nell'immagine internazionale del Brasile.
La violenza su di loro è coperta poi da impunità. Solo per il 10% dei delitti e delle violenze su di loro si apre
un'inchiesta, sostiene Mario Volpi, responsabile del "Movimento nacional de meninos e meninas de rua" che da anni si batte per la difesa dei diritti dei ragazzi e l'autorganizzazione dei minori in Brasile, e dal 1985 ha dato vita al "Movimento nacional", laico, apartitico e non governativo, che ha sviluppato una forte capacità di intervento e mobilitazione nel sociale e nuove metodologie di formazione degli educatori di strada.
Secondo Mario Volpi la violenza su bambini in Brasile non è solo quella commessa dai poliziotti, dai "gruppi di sterminio" finanziati da commercianti e industriali o dai "gruppi di giustizieri" che controllano il traffico di droga, ma anche lo sfruttamento del lavoro minorile. "I bambini resi schiavi, segregati nei postriboli o costretti a lavorare nell'acqua nelle miniere per estrarre l'oro - sostiene Volpi - in Brasile sono molto più numerosi dei bambini di strada, ma quelli non si vedono, non danno fastidio e la società civile tollera." Ed esistono altri 30 milioni di potenziali meninos de rua tanti quanti sono i bambini che vivono in famiglie con un reddito mensile inferiore ai 70 dollari.


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